venerdì 24 settembre 2021

 

Hospitali e xenodochi

Si introduce un tema importante, quello degli xenodochi e ospedali, che nel periodo più tardo iniziano la loro opera anche in Lunigiana, utilizzati non solo da pellegrini, ma anche da mercanti e viaggiatori.

Ospitalità, deriva da Hospe, accogliere e donargli soccorso in generale, e i Greci pensavano vi fosse presente un dio o addirittura Giove, e infatti Giove era chiamato Xenios. 

Antico è il concetto di pellegrinaggio; Greci e latini andavano a Delfi e Giudei a Shiloh, Dan e Bethel14

Tra i Romani esisteva una tessera hospitalitatis che si tramandava di padre in figlio e anche mansiones per fermarsi, rifocillarsi, erano lungo tutte le strade importanti e il cursus publicus.

Gli Ebrei rifocillavano pellegrini e gli lavavano i piedi, soprattutto nelle grandi feste secondo gli insegnamenti. Ai tempi di Pompeo una lapide attesta che presso le sinagoghe vi erano ospizi per pellegrini. L’accoglienza si esaltò col cristianesimo come simbolo di caritas e Gesù stesso ne parla nel Vangelo. Anche San Clemente, san Cipriano e san Benedetto esaltano l’accoglienza.       

E’ il concilio di Nicea, 325, che stabilisce che ogni città debba avere ricovero per pellegrini poveri ed infermi in luogo isolato. I primi ad Odessa nel IV fondati dal predicatore Efraimo, per 330 e poi 1000 pellegrini. Nel 370, S.Basilio  ne fonda uno a Cesarea di Cappadocia e nel 400 anche Fabiola opera a Roma. 

Elena madre di Costantino va a Gerusalemme per stabilire dove fossero il Calvario e la tomba di Cristo.

Codice cavense


Nascono per sua iniziativa i luoghi santi e si diffondono gli Itineraria15.                                  

I Papi ne fondano molti presso le basiliche, dotati anche di bagni e verso la fine del IV ne nascono numerosi in Palestina. Roma, con la conquista di Costantinopoli, dal  640 sino al 1099, diventa altera Jerusalem

Furono istituite guide urbane, i Mirabilia Urbis Romae con la descrizione delle rovine  e delle chiese. Poi le Scholae peregrinorum che davano vitto ed alloggio

Tutti gli ospizi ebbero una cappella perché si doveva pregare, e a Fornovo prima della partenza si celebrava la messa del pellegrino. 

Pieve di Fornovo


Nel 789, Carlo Magno ordinò di avere cura soprattutto  dei pellegrini. Gli xenodochi avevano refettori, latrine, forno e mescita vino. Erano mantenuti da oboli trattenuti dagli introiti degli ecclesiastici. 

A Roma dal 799 se ne avevano 4 a seconda della nazionalità dei viandanti. Sino al 1000 erano uniti ai conventi e poi furono divisi  per rispettare il momento religioso. 

Troviamo poi le mansiones dei frati addetti alla manutenzione di strade e ponti, come quelle dei Cavalieri di Altopascio. 


Filattiera, hospitale di San Giacomo


Gli xenodochi furono importanti per la conoscenza dei paesi orientali, legata ai pellegrinaggi in Terra Santa, per la conoscenza degli avvenimenti in un momento in cui poco si scriveva, per il tramandare della Cultura storica e materiale, se pensiamo all’influenza dell’Antelami e dei Maestri Commacini16.

In Lunigiana inizialmente  furono promossi da grandi abbazie e da nobili, come lo xenodochium di S. Benedetto di Montelungo e l’ospedale di S. Maria della Cisa, anch’esso attribuito al monastero bresciano di Leno e l’ospedale di Aulla fatto costruire Adalberto I, marchese di Tuscia.

Ruderi San Benedetto di Montelungo (?)

Altri nascono grazie all’iniziativa di singoli o di famiglie laiche o di congregazioni17.

La via di Monte Bardone                                                                                                                                                                 I  Longobardi dopo l’occupazione di Piacenza, Parma, Reggio e Modena, si trovano impossibilitati ad utilizzare la Flaminia e l’Emilia per scendere al centro sud. Infatti i Bizantini si erano stanziati nell’Esarcato di Ravenna  e nella Pentapoli e interdivano il traffico su queste vie. 

Gli invasori dovettero unire ed utilizzare fra di loro frammenti di strade locali. Non era ancora la “via di Monte Bardone”, quella che Paolo Diacono definì “bardonis alpe”, il cui tracciato nacque e si consolidò con l’arrivo di Carlo Magno e dei Franchi. 

Sella del Valoria


La via saliva sicuramente da Berceto al Passo della Cisa o forse al Valoria; 

toccava Gravagna, mandra capranea, dove era uno  xenodochio, e poteva proseguire per Previdè,  poi forse Monte Castello, Arzengio, Cerretoli, Dobbiana e di lì scendere a Ponticello, Sorano/ Filattiera.


Previdè


 Indi Irola, Filetto e Virgoletta, dove sarebbero  stanziate tribù o reparti  legate ai Bizantini18, Merizzo, Fornoli e Aulla, tutte località identificabili come stazioni di un possibile limes, sino poi a Luni, rimasta bizantina sino a Liutprando, forse in seguito ad un trattato.


Fornoli



venerdì 10 settembre 2021

 

Le “Vie Francigene” in Lunigiana, dalla Preistoria a Carlo VIII

                                                                                        Sandro Santini

 

Quando si parla di via Francigena, normalmente si intende o sembra intendersi un percorso più o meno grande legato al transito di pellegrini, dove il termine peregrinus  indicava anche straniero e viaggiatore, diretti verso Roma sulle orme di san Winnibald, (723/26), san Dunstan (X secolo), Siric (990) e l’abate Nikulas nel 1154, quest’ultimo con un percorso che ancor oggi non risulta nelle sue citazioni perfettamente comprensibile nel superamento dell’Appennino1. In realtà i collegamenti fra Parma e Luni e Lucca che transitavano per la Lunigiana erano in essere già dalla Preistoria e ancor più dal periodo romano e soprattutto le vie da sempre caratterizzavano i diversi aspetti della società del tempo. Erano in primis vie commerciali, vie militari, poi di fede, ma in genere possiamo dire vie di comunicazione, che utilizzavano nei periodi in cui vi era un forte stato centrale, percorsi di pianura continuamente attrezzati e riparati dall’Autorità preposta, mentre nella Preistoria e nel Medioevo utilizzavano la viabilità naturale, fatta di sentieri, mulattiere che si riproducevano col passaggio degli utenti. Al tempo dei Liguri le vie naturali, di crinale o di mezza costa, come ricordato da Coppedè2, portavano questi sino alla val Trebbia ad acquistare il Rame che unito allo Stagno dava poi il Bronzo. In particolare ci sembra importante l’attuale via contrassegnata dallo 00 che sale sul crinale della cd Arpa, nome collettivo di origine ligure che identifica la via del crinale lunigiano-parmense e quella che, come ricorda il Mariotti, dal Conciliabolo ligure di Robbiano portavano al Borgallo e di lì in Lunigiana ed al mare3. Due vie sono segnalate poi dal tempo dei Romani

Passo del Borgallo (da Ghiretti)


La Via Regia

La via detta poi Regia o Salaria dai Genovesi4, via di crinale, che dalla Foce dei Tre Confini o Forcella del Monte Gottero,  salendo da  Albareto e passando per Zeri, portava sino ad Ameglia, porto romano.

La Via Regia 


 Il nome potrebbe essere legato alla  lunga permanenza bizantina, baselikè odos, via del demanio imperiale, in una vallata quale quella del Verde che riconosce nella toponomastica sia l’influenza romana con una serie di toponimi che si ricollegano alla Tabula Alimentaria Veleiate,  che quella latino-greca come Pradonnico, Baselica, Mulpe, Castel di Margrai e di una piccola località detta Stra. Tuttavia riteniamo che l’ importanza possa derivare dalla sua possibile funzione.

La Valle del Verde 


 Nella Tabula Alimentaria Veleiate, infatti, si può ritenere che il pagus minervius della res publica lucensium travalicasse il crinale verso la Lunigiana come sostiene anche il Formentini, che espone una sua  teoria compascuale5 e lì le tante terre lucchesi venissero affidate a coloni lucenses che le utilizzavano per la transumanza. 

Tabula Alimentaria Veleiate


Il Giuliani cita una deviazione da Giovagallo che era chiamata strada lombarda, in omonimia a quelle che poi furono dette le vie sulla sinistra Magra che andavano nel Parmense, ipotizzando che tale nome potesse derivare dalla sua funzione di collegamento con Piacenza. Una via poi importante nel tempo e che utilizzò Federico I accompagnato da Obizzo Malaspina per raggiungere Pavia, salendo da Villafranca e che in tempi più recenti veniva utilizzata per il contrabbando del sale6.

Vie Lombarde

La Parma Luni

Forse era la via Emilia Scauri (109 d.C.) su cui troviamo diversi studi, ma che non compare nella Tavola Peutingeriana, dove per la parte lunigianese è rappresentato solo il tratto fra Lucca e Luni, con tappa al Forum Clodi.

Lunigiana nella Tabula Peutingeriana


Il percorso diventa però di difficile definizione appunto nel territorio lunigianese. Nel tratto parmense possiamo identificare la via considerando la presenza di siti romani, utilizzando quindi il criterio suggerito da Luisa Banti7, quali Parma, dedotta a colonia nel 183, Fornovo, il Forum Novum8 citato nella TAV, Sivizzano dove è stata scavata ed identificata una importante mansio romana, Berceto, forse citato nella TAV come saltus praediaque berusetis, un possibile vico e poi nel Capitolare di Kierzy del 754.       

Ruderi della mansio romana a Sivizzano


                                                                                                                                                                La Lunigiana non presenta invece studi o ritrovamenti del periodo che possano  permetterci di identificare tracce storiche della via. Questa, secondo quanto riconosciuto recentemente da Ghiretti9, scollinava alla Sella del Valoria,



Sella del Valoria


 indi riteniamo toccasse Gravagna (trovate armi in bronzo) e forse scendesse per la Valdantena sino a Pontremoli  che ancora non esisteva, ma dove vi sono ritrovati bronzetti romani, poi Cerretoli (graffiti) e di lì a Sorano di Filattiera dove gli scavi di Mannoni, Giannichedda e dell’ISCUM hanno identificato una mansio romana risalente al I secolo d.C. 


Mansio a Sorano


 Poi la zona di Bagnone, che come Filattiera ha diversi suffissi in ana10;  da lì sino a Luni non abbiamo testimonianze del periodo. Salendo verso Lucca ne troviamo solo a Codiponte, il Caput pontis indagato dal Formentini, dove sono indizi della una presenza di un pago romano

Pieve di Codiponte, pavimento romano


 e a Forum Clodi, ricordato da MN.Conti come Gragnola, o recentemente da altri, Fivizzano. Indi Minucciano dove sono state ritrovate tre statue stele, sede di conciliabulum ligure e poi forse di villa romana. Non essendo ancora in essere le ricerche sul Valoria,  Manfredo Giuliani identificava, credo a ragione,  la Parma Luni con la via del Cirone, adiacente al Valoria, ancor oggi attiva e che toccava Pracchiola, Groppodalosio (Groppo d’alloggio), Casalina, Versola, Topelecca, Crocetta di Logarghena, Arzengio, sino a Pontremoli11


Arzengio


Era questa una delle vie lombarde che salivano verso il Parmense ed è ricordata negli Statuti del Comune di Parma che ne ebbe il possesso per 80 anni dopo il 1231: “De Rocha Valis Sazulinane manutenda cum omnibus suis jurisdictionibus”. Si basa per questa sua affermazione sul trattato di alleanza fra i Comuni di Parma e Pontremoli del 1271, quando Parma  era in possesso di tale via e del castrum di Grondola.                                                                                                                                       Il testo dice: “ quod procureretur et fiat per Comune Parme et Comune Pontremoli, quod strata pisana, lucana et parmensis reducatur et vadat per Monbardun et Pontremulum”, ovvero identifica tale via con quella per Lucca e Luni12. A Pracchiola, per l’assistenza ai viandanti era l’ospedale di san Giacomo di Piellaburgari, tenuto dai monaci di Altopascio e i cui beni erano nei territori di Pracchiola, Groppodalosio e Cirone13.

  

Ospedaletto a Pracchiola (da Magnotta)

martedì 7 settembre 2021

 

La Via Francigena

La via col tempo, a partire dal medioevo centrale e con la nascita dei castelli e dei paesi, diventa Francigena, forse perché portava i pellegrini dalla Francia o perché consentiva ai mercanti italiani, soprattutto toscani, di visitare le fiere dello Champagne nel XII e XIII secolo. Mercanti che divennero famosi e procurarono a re e nobili i denari per le loro guerre ed i loro investimenti, anche se a volte non vennero rimborsati e, come i Bardi, fallirono. 

Non fu poi solo una via di pellegrinaggio e ricorda Gio Antonio da Faie36 che in occasione dell’Anno Santo del 1450, i commercianti di Villafranca si attrezzarono con numerosi acquisti, ma passò poca gente e gli affari furono scarsi. Fu una via commerciale,  passarono cortei immensi di re e nobili per la gioia delle popolazioni, come quando il Papa Paolo III Farnese andò in Provenza ad incontrare Carlo V, e Francesco I, nel 1538, per discutere della questione protestante.                                                                       

Villafranca, la Francigena

                         

Fu lo stimolo che portò  all’acquisto di Pontremoli da parte dei Fiorentini nel 1650, strappandola ai Genovesi che l’avevano acquistata da tre anni37

Soprattutto era importante per la riscossione del pedaggio delle merci che vi transitavano. I “voltis” malaspiniani, sinonimo di pedaggio e citati nel colloquio con il Barbarossa del 1167, alla luce di nuovi studi sono le tasse che si dovevano pagare ai vari proprietari della strada ed i beni dei Malaspina erano proprio situati a controllo delle vie. 

Citiamo l’abbazia di san Caprasio che nel 1219 vende i beni della chiesa di Albareto  valtarese al comune di Piacenza per sexaginta librarum onde poter acquistare dal marchese di Massa il pedaggio sulla Francigena ad Aulla. La Francigena fu anche una via militare e il ponte di Villafranca dovette subire rimaneggiamenti per fare passare le artiglierie di Carlo VIII nel 1495.  



                         Ponte di Villafranca
San Caprasio




                       

Ancora nell’aprile del 1945 la via, ora della Cisa, fu la scena della fuga delle truppe tedesche verso il nord. Dove passasse, cambiate le condizioni fisiche e dalla fine del Medioevo anche politiche, con la presenza di nuovi Stati che controllavano il territorio, possiamo solo ipotizzarlo. 

Da Massa forse scendeva direttamente ad Avenza  e di lì a Luni,  Sarzana, Santo Stefano, Caprigliola, passando poi per Anforara , dove è l’oratorio della Madonna degli Angeli e poi Aulla, Terrarossa, Groppofosco, dove è ancora una piccola chiesa con hospitale38 e castello ormai diruto. 


                                                                       Groppofosco



Arfoara


Villafranca che appare alla fine del XII secolo come Lealvile, ma che nel diploma di Federico I del 1164 è citata come Malnido, indi l’hospitale di Santa Lucia39 lungo la sinistra Magra, Sorano o Filattiera40, Pontremoli, che Federico II definisce “unica clavis et janua” per la Toscana, seguendo da vicino il corso della sinistra Magra. 

Saliva poi a Montelungo, hospitale di san Benedetto e poi al Passo della Cisa.  Il Passo era frequentatissimo e quindi gli abitanti dei paese vicini erano obbligati dagli Statuti di Pontremoli di sorvegliarlo. Infatti nel 1584, Parma e Pontremoli si accordarono per tenervi una guarnigione per sei mesi ciascuno, per controllarlo a difesa dei passanti. 

Dalla Cisa a Berceto (sce moderanne, XXXIII) dove era l’abbazia di san Moderanno, fondata da Liutprando, di cui Paolo Diacono scrive “in summa quoque bardonis alpe monasterium quod bercetur dicitur aedificavit”41


San Moderanno 


La cd Francigena quindi, nasce come via militare bizantina, poi diventa anche una via di pellegrinaggio, ma  nel tempo sarà una trafficatissima via di commercio che ha legato in questo senso il nord Italia all’Europa, ed all’occasione, non rara, ritorna ad essere anche una via militare.

 

lunedì 6 settembre 2021

 La via sale poi  verso Succisa, nome collettivo; importante la Colla, con la chiesa di Santa Brigida e Felicita, da dove sembra provenisse la famiglia di Santa Rita. 

Succisa


A Succisa la via si collegava con quella del Passo del Brattello a Grondola, dove sarà poi la fortificazione dei Malaspina, il castrum Grundulae, posta a controllo delle tre vie che scendevano in Lunigiana, ma al tempo forse parte delle fortificazioni del castrum Belvedere, citato dal diploma di Federico I ad Obizzo Malaspina del 1164.  

Pieve di Vignola


L’itinerario passa poi da Montelungo (sce benedicte, XXXII) dove erano uno xenodochio33 dedicato a San Benedetto, appartenente all’Abbazia bresciana di Leno ed uno dipendente da Santa Giulia34 distrutto da una frana: l’attuale chiesa del XVI secolo è in stile barocco. Importanti sono le acque termali e la fontana vicina alla chiesa stessa da cui sgorga un’acqua preziosa.

Ruderi di San Benedetto(?)

San Benedetto di Montelungo


 La salita termina al Passo della Cisa,dove 300 metri a valle, è stato individuato e scavato, anni fa, l’antico xenodochio per pellegrini dedicato a Santa Maria35, forse fondato dal mitico personaggio, Leodegar, morto nel 752, al quarto anno del regno di Astolfo, re longobardo.

La Cisa


sabato 4 settembre 2021

 3-  Sarzana è menzionata come castello nel Diploma di Ottone I del 962 e come borgo nel 1084. Feudo del Vescovo di Luni che nel 1204 trasferì lì la sede della Diocesi, essendo ormai Luni malsana per l’impaludamento. Si entra da Porta Parma in direzione di Porta Romana26.                                                                                                                                                   Importanti poi la cittadella, sorta sopra la fortezza di Firmanfede, voluta da Lorenzo de’ Medici e  fuori  le mura, la fortezza di Sarzanello, capolavoro di arte militare moderna e forse costruita da Castruccio Castracani degli Antelminelli.  

Sarzanello


Poi Santo Stefano Magra (sce Stephane, mansio XXIX), da dove si partivano le vie per il Genovesato e già citata  come mercato nel Diploma di Ottone II del 981 e in quello del Barbarossa del 1185.  Allora difesa da mura, si trova alla confluenza delle vie provenienti da tre regioni. La frequentazione da parte dei pellegrini è segnalata dalle numerose cappelle e maestà. 

Santo Stefano Magra


Da lì poi Caprigliola, feudo del Vescovo di Luni Enrico da Fucecchio, che col diploma di Federico I del 1185 diventa anche Conte di Luni. 

Caprigliola


Indi Ponzano Superiore e Vecchietto sino a Bibola, già citata dall’Anonimo Ravennate27 e dove i ruderi del castello Malaspina dominano le vallate circostanti. 

Bibola 


Poi  Aulla, la medievale (Avula,mansio XXX). Se il percorso sino ad Aulla28, svolgendosi in gran parte sulla sinistra della Magra e in altura, può generalmente corrispondere alle considerazioni storico geografiche fatte dianzi, molti problemi si pongono a parer nostro nell’individuazione della tratta fra questa e Pontremoli. Il percorso di Sigeric ci viene segnalato simile a quello della via di Monte Bardone, da Aulla a Fornoli, a Virgoletta, a Filetto verso Filattiera e da qui lungo la via che porta a Serravalle, Dobbiana, dove troviamo ricordi materiali del Volto Santo di Lucca,  Ceretoli con la chiesa dedicata a san Martino che viene richiamata a quella citata da Leodegar e di lì Pontremoli.

San Giovanni Battista a Dobbiana


 In realtà a nostro parere si sposta sulla destra della Magra, la via Francisca, ricordata dal Giuliani, guada a Terrarossa e va a Tresana, forse Trivium

Tresana 


poi sale alla pieve di San Martino di Castevoli, Castevoli, scende a Fontanassaqui, san Donnino, san Martino di Mulazzo29

San Martino di Mulazzo


Gavedo, san Benedetto di Talavorno (forse anche questa legata a Leodegar), dove fu trovata una statua stele e che dipendeva da Sorano, poi san Pietro de Pisciula  e  la pieve di Urceola.    

                    San Pietro de Pisciula
Talavorno




                                                           

Pieve di Urceola-Saliceto

    

                                                                                                                                                  Percorso di montagna, non impegnativo di certo, ma sicuro, e avrebbe utilizzato quindi quella che il Giuliani definiva la “via delle pievi” e che era anche chiamata “via di Annibale30. Questo itinerario però sembra presentarci un problema legato a Pontremoli (XXXI mansio) che qui compare per la prima volta. Dove era già il guado sulla Magra a sud del paese troviamo il Groppus de tabernula, poi hospitale di san Lazzaro e nel 981 viene citata la pieve di Urceola come importante mercato, tale ad altre pievi. Potrebbe in realtà essere che fosse già sorto l’abitato di Pontremoli, legato alla  presenza di un castello, ma che l’importanza economica stesse ad Urceola e fosse questa il momento di attrazione dei pellegrini e commercianti.


San Lazzaro


                                                                                                                                                             Che Urceola fosse poi importante e che tale potesse essere il transito, lo dimostra la donazione che ne fa Oberto II nel 998 al vescovo di Luni, Gotifredo, assieme a quelle di Castevoli, Venelia e Soliera, che sarà poi sede della Caneva vescovile. Una segnalazione del Giuliani31 sottolinea l’importanza del luogo, dove era il castrum de Piolo elencato negli Statuti fra i castelli da demolire quando il Comune pontremolese aveva assorbito le signorie locali che chiedevano il borghesatico.  Sigerico non cita ne Sorano ne Filattiera perché in realtà non vi passa. Pensare che non lo citi proponendo una già presente affermazione politica di Pontremoli32 è fuorviante, visto che nel 1194, Alberto Malaspina a Filattiera  vi giura fedeltà ai Piacentini e dopo 237 anni il paese diverrà la capitale dello Spino Fiorito. Ambedue sono citati negli anni seguenti in importanti documenti e quindi già in una posizione di eccellenza e questo ci fa dubitare del fatto che  Sigeric fosse passato per Sorano, almeno nel viaggio di ritorno.

venerdì 27 agosto 2021

 La Via di Sigerico, via di pellegrinaggio

Sigerico parte da Canterbury di cui era arcivescovo a primavera inoltrata del  990 e arriva a luglio a Roma. 
Cattedrale di Canterbury


 Come tanti alti prelati si recava di persona a ritirare il Pallio dal Papa19. Al ritorno da Roma segue la Cassia, poi va a Siena e Lucca e Pavia e nell’ottobre del 990 rientra nella sua città. Era partito 80 giorni prima ed aveva ripercorso il tragitto da Roma, annotando su richiesta del papa tutte le 79 mansiones in cui aveva sostato. Lascia il nome delle sue tappe anche  in Lunigiana, ma rimangono ancora sconosciuti quelli che sono i paesi attraversati nell’itinerario, fra una mansio e l’altra. Se cerchiamo di approfondire la questione per la zona lunigianese,  ci pare di entrare in un labirinto legato poi al fatto che il percorso del presule in tempi e in modi diversi ci sembra essere stato stravolto, legandolo a necessità commerciali, militari e nei tempi attuali anche economiche. 
Nasce così il “mito” della Via Francigena, non più il percorso di Sigeric e forse dopo di lui di altri come Nikulas, ma di un tragitto che oggi può essere definito col Sergi “area di via o di strada”, ovvero una serie di vie parallele e concorrenti che uniscono gli stessi due punti. 
Ma il tratto lunense della via del presule quale poteva essere con una certa sicurezza? Abbiamo già evidenziato che probabilmente la via non seguiva, al tempo, percorsi di pianura che saranno impegnati verso il XII secolo. La dimostrazione ce la può offrire il tratto parmense che invece di costeggiare il corso del Taro scendendo dal Borgo valtarese, come è al tempo attuale, andava da Pontremoli a Montelungo, al Monte Bardone, Berceto, Bardone, Sivizzano, sino a Fornovo Taro. Avrebbe potuto benissimo, Sigeric, da Pontremoli salire al Borgallo per la valle del Verde, sino all’attuale Borgotaro, allora ancora identificata da una Turris bizantina e dove si era sviluppata un’importante curtis bobbiese.         

Passo del Borgallo


La via era attiva sin dal tempo dei Liguri20 e fu poi utilizzata in tempi antecedenti dagli abati di Bobbio per raggiungere Pontremoli. E’ il concetto più volte richiamato dagli studiosi, dove in assenza di un forte potere centrale come al tempo dei romani, si preferiva salire per la montagna evitando i guadi, i boschi, le belve e forse i banditi. 

Placentiam Lucam e Francigena

 Il percorso lunigianese iniziava da Montignoso, forse quel castrum versiliae di cui tratta Giorgio Ciprio21 e da lì verso Massa22, sede plebana e poi verso il Mirteto. Una prima annotazione di un quartiere di Massa la si trova nella Tavola Peutingeriana; lì sono citate “ad Tabernas Frigidas”, l’attuale borgo San Leonardo, il Burgo Frigidi, al confine con le cd “Fossae Papirianae”.  

Tabula Peutingeriana



                                                                                                                                                                    Le paludi, assieme alle incursioni marittime dopo la caduta dell’Impero, provocheranno lo spostamento degli abitanti e  della viabilità verso il monte.                                                                       

Massa cresce quindi con l’istituzione della pieve di San Pietro e del borgo di Bagnara, l’attuale piazza Aranci. Le condizioni climatiche e fisiche del territorio, l’impaludamento crescente, le incursioni marittime, l’influenza della pieve di san Lorenzo di Monte Libero, propedeutica di Massa e Mirteto, avrebbero indirizzato la viabilità verso i monti in accordo a quanto detto prima.    

Cinta del castello di Monte Libero

                                                                              

Probabilmente si utilizzava il Passo della Foce, che toccando inizialmente l’antica Pieve di San Vitale del Mirteto, figliale appunto di quella di Monte Libero, portava a Carrara.

Passo della Foce


La città del marmo23 è confermata come  “curtis” al vescovo di Luni da Ottone I e confermata anche dal Diploma del Barbarossa nel 1185 e di sua pertinenza sono appunto le cave.                                        
Ci sembra quindi non aderente alle nostre precedenti considerazioni quanto presentato da alcuni studiosi che da Massa, Sigeric, sarebbe andato ad Avenza24. La cittadina nasce intorno al 1180, duecento anni dopo, quando la diocesi di Luni inizia ad acquistare terreni per edificarvi.                             
Luni ( Luna, mansio XXVIII )5, ancora sede vescovile è la prima tappa della Lunigiana.                       Difficile comunque ipotizzarne un tracciato in quanto la forte antropizzazione da Carrara a Santo Stefano ha forse nascosto tutte le possibili prove del passaggio

Luni